Torre dell’Orso un incanto tra mare e sole
Percorrendo il litorale adriatico salentino, Torre dell’Orso ci viene incontro come un’epifania di inattesa bellezza, a ridestare la meraviglia dello sguardo all’interno di quella lunga teoria di città e piccoli borghi in equilibrio sul filo costiero della penisola. Sovrano incontrastato e giudice ultimo dei destini di questo lembo di mediterraneo è il sole, un sole senza mezze misure, in bilico tra sapore d’Africa e il presagio d’Europa. Qui su questa terra, che umile si distende piana e senza rilievi considerevoli, il sole imperversa indisturbato, seguito nelle sue scorribande dai venti simili a fidi scudieri.
Tutta la storia del Salento è stata condizionata da questo sole onnipresente e dal suo calore generoso, che prosciuga tutto, disperde le nebbie occasionali delle brevi depressioni, insegue l’acqua anche nelle vene carsiche, che si snodano sotto la crosta porosa del calcare. Ancella fedele del sole, la luce si riflette in ogni andito e raggiunge e adorna ogni cosa, come monile prezioso. Qui, anche l’ombra appare come naufragata aspirazione alla luce. Una luce, che si innalza aerea come cattedrale tra un litorale e l’altro, per disperdersi all’infinito. Una sgargiante signora, che investe con il suo fascio rivelatore il bianco delle case, il verde degli ulivi, la superfice instabile e multiforme del mare, condizionandone la tavolozza dei colori. Lo Ionio, più quieto e sereno rispetto al suo alter ego di sponda contrapposta, l’Adriatico, ingaggia con quest’ultimo una gara all’esibizione più ardita di variazioni coloristiche e sfumature.
Un gioco di colori che trasmutano col passare delle ore, con le evoluzioni del sole, seguendo i capricci e le intenzioni volubili della luce. Il gioco cromatico si rinnova e muta in permanenza, andando dal blu al viola, all’azzurro, al verde smeraldo, cambiando prospettive e profondità delle acque marine, consegnando ogni momento all’unicità. In questo caleidoscopico specchio dalle sfumature cangianti si specchiano le città costiere, che fanno perno sulla geometria segnata dai centri più celebri, Castro, Santa Cesarea, Otranto, Leuca, Gallipoli, Porto Cesareo. Un itinerario noto e frammezzato dall’incanto che creano tanti e tanti piccoli centri incastonati tra un vertice e l’altro, come nel caso di Torre dell’Orso, poche case racchiuse tra la cornice del verde dei pini d’Aleppo.
Da qui l’estate salentina trascorre tra un sole doppio e una luce abbacinante, tra un colore iridescente d’alba e un chiaro di meriggio assolato. Su queste spiagge, al riparo dell’ombra amica della torre testimone dei secoli, si può gustare una quiete antica quando il sole chiassoso d’estate lascia spazio al suo fratello più meditativo d’autunno, che tinge le campagne di rosso e dei colori più castigati, fra l’onnipresenza del verde argenteo degli ulivi. A trarne beneficio da questa luce sarà l’inclinazione seduttiva del passato, che come un eco risuona continuamente e abita questi luoghi, meta destinale prima che geografica, che come voleva Bodini, sembra peccare di troppa bellezza. Una luce che attraverso i fasti della primavera trasmigra nuovamente e ancora verso le tonalità estive, verso il tempo della villeggiatura col profumo dei fichi, dei meloni filigranati, dei pomodori sugosi, tempo d’ estate che torna a dorare le spiagge di Torre dell’Orso e dei lidi salentini nell’inesausta e mai conclusa giostra del tempo.