Torre dell’Orso o della magia del Salento
Accucciata placidamente come un mansueto gregge ai piedi del suo pastore, la torre, che seppur offesa dal tempo, ancora troneggia sul suo sperone di roccia, Torre dell’Orso è una delle marine salentine più frequentate e suggestive del lungo litorale adriatico. Procedendo in direzione sud lungo direttrice che disegna il profilo orientale del Tacco d’Italia, dopo aver attraversato un litorale per lo più sabbioso che mollemente protende il suo dorato tappeto silicio verso il mare, ci si imbatte, come in una rivelazione, nel dimidiato gigante che orgoglioso appare abbarbicato sul suo scoglio a scrutare l’orizzonte acquoreo in perenne attesa e costante sfida al passare delle epoche.
Questo vetusto e saggio testimone della storia ci appare subito non come un malinconico resto del passato, ma come uno tra i più sorprendenti aspetti d’ un paesaggio moderno. In un’epoca in cui si tende a restaurare tutto per cancellare le tracce del tempo, questa torre cinquecentesca porta i segni della profondità del tempo che incessantemente ci interroga: cosa fare delle nostre rovine, cosa fare di tutto ciò che è arcaico e sorpassato, e non può essere smerciato come un altro articolo di consumo. Il tempo e una storia a Torre dell’Orso si intreccia con i racconti e i miti in un malioso groviglio che sconfina nell’incerto e nella leggenda.
Origine del nome e cenni storici
Come avvolta da incertezza è l’origine del toponimo stesso del luogo, una incertezza che è occasione ulteriore di narrazione e racconto. Secondo alcune ipotesi orso farebbe riferimento alla foca monaca. Più verosimilmente sarebbe da ricondurre a Urso, cognome del probabile proprietario dell’agro nell’antichità. Stando ad un’altra interpretazione, avendo le torri costiere nomi di santi, il suo nome doveva essere Torre di Sant’Orsola, da cui Torre dell’Orso. Altra ipotesi del toponimo è data dal fatto che sotto la torre vi è una roccia che ricorda il profilo di un orso. Guardando la spiaggia, con la torre alla propria sinistra, si potrà notare, in effetti, una formazione rocciosa raffigurante il profilo di un orso con il muso e le orecchie ben definite. L’erosione ha, nel corso dei decenni, modificato tale sembianza ma è tuttora ben visibile.
Il borgo di Torre dell’Orso fa parte delle marine di Melendugno e si affaccia direttamente su una splendida spiaggia incastonata, come prezioso monile, in una insenatura lunga circa 800 metri protetta ai due lati da alte scogliere e seguita alle spalle dal profilo sinuoso di dune che sembrano voler replicare il moto ondoso dirimpetto. Questa splendida baia in passato serviva come porto l’antica città-santuario di Roca, e ha costituito per secoli un punto di scalo di strategica e fondamentale importanza per le navi e gli scambi che giungevano o partivano per l’altra sponda del mare Adriatico.
È stata avanzata anche l’ipotesi che nel 44 a.C. Ottaviano Augusto, che si trovava ad Apollonia per studiare lettere greche, venuto a conoscenza dell’uccisione di Cesare e prevedendo disordini e pericoli nel porto di Brindisi, abbia utilizzato proprio questa rotta sbarcando nella baia di Torre dell’Orso per poi raggiungere le sicura città di Lupiae e da qui recarsi a Roma.
Grotta di San Cristofaro e faraglioni delle due sorelle
Il mare qui sembra voler dare confidenza al bagnante, mantenendosi basso sul fondo per molti metri prima di aprirsi nel suo profondo segreto al largo, tingendosi di un blu intenso dai riflessi cobalto. Scorci di incomparabile bellezza sono offerti anche dalla alta scogliera che accoglie diverse e suggestive grotte delle quali la più importante storicamente è certamente quella di San Cristoforo che si apre sul lato sud-orientale della baia e si presenta come una escavazione a pianta rettangolare, probabilmente eseguita tra il IV e il III secolo a.C. Qui, campagne di scavo hanno portato alla luce frammenti di ceramiche tardo-arcaiche e antichi e interessanti graffiti.
A modellare in maniera inconfondibile il profilo del litorale, aggiungendo suggestione a suggestione, i due faraglioni detti delle Due Sorelle, fascinosi catalizzatori di racconti e leggende. Secondo la leggenda sorta intorno a questi scogli, due sorelle bellissime, trascorrevano una giornata come tante alla ricerca di un po’ di refrigerio dalla calura dell’entroterra. Una delle due sorelle, rapita dall’ipnotico fragore delle onde del mare e dal profumo di salsedine, si gettò in mare dalla scogliera. Una volta in acqua però, quell’incanto e quell’illusione sparirono del tutto, lasciando spazio alla paura e al terrore. L’altra sorella, udite le richieste d’aiuto della giovane in difficoltà, si gettò anch’essa nelle acque di Torre dell’Orso, nell’inane tentativo di strapparla dalla morsa della morte. Fu così che quello stesso mare che tanto le aveva ammaliate, e poi torturate, ora ne cullava i corpi in un ultimo triste saluto, prima di trasformale in due faraglioni sotto lo sguardo attonito di un pescatore che aveva assistito alla scena, e che battezzò le due strutture rocciose con il nome con cui sono conosciute tutt’oggi.
Sospesa tra storia e contemporaneità, tra singolare bellezza paesaggistica e fascino della leggenda, Torre dell’Orso appare, non un semplice luogo di villeggiatura, ma un vero e proprio viaggio di scoperta con sorprese inattese, capace di regalare emozioni autentiche che solo l’autenticità di certi luoghi può concedere.